Sempre più frequentemente mi contattano famiglie disorientate e preoccupate chiedendomi una consulenza perché al proprio figlio è stato diagnosticato un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), ovvero al bambino o adolescente è stata attribuita una o più delle seguenti difficoltà:

  • Dislessia, difficoltà nella lettura, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, nella correttezza e rapidità della lettura;

  • Disortografia, difficoltà nella codifica della scrittura;

  • Disgrafia, difficoltà nella produzione di segni alfabetici e numerici;

  • Discalculia, difficoltà negli automatismi del calcolo e nell’elaborazione dei numeri;

Facendo tesoro di tutte le esperienze e le storie che ho accolto in studio, desidererei che questo articolo fosse di aiuto per tutti quei genitori ai quali la diagnosi sia già stata pronunciata o che sono alle prese con screening e percorsi di certificazione diagnostica per DSA, magari dopo anni di tensioni e frustrazioni vissute dai propri figli.

L’obiettivo è di consentire ai genitori di fare chiarezza e stabilire dei punti fermi sulla base dei quali attivare le migliori strategie di aiuto, nonché l’approccio più efficace per la serenità del proprio bambino o ragazzo.

Scopo del mio intervento come pedagogista non è quello di soffermarmi sulla diagnosi (di esclusiva competenza dell’Asl o di professionisti accreditati) o sulla normativa di riferimento (L.170/2010 e Direttiva Miur 170/2012).

Dal punto di vista pedagogico è fondamentale per me capire come sostenere un alunno con queste difficoltà e la sua famiglia.

In pratica come funziona?

Prima di tutto chiedo di poter visionare le diagnosi che arrivano dagli altri specialisti (Neuropsichiatra infantile, psicologa/psicoterapeuta, logopedista, psicomotricista, pediatra) perché è fondamentale capire di cosa si tratta e in quali delle varie prove il bambino o ragazzo ha dimostrato un punteggio più basso. Ciò risulta utile per creare un progetto pedagogico e didattico personalizzato.

Successivamente, aiuto la famiglia a “decifrare” la diagnosi facendo capire quanto riportato nel documento. La famiglia ha bisogno di non sentirsi isolata, straniata, diversa e ha bisogno di cogliere le risorse dei propri figli, non solo le difficoltà. Quello che ripeto sempre ai genitori sin dal primo colloquio è che il bambino non è la sua difficoltà, la diagnosi è solo un punto di partenza.

Infatti, dopo aver affrontato l’aspetto puramente legato alla diagnosi, comincio a costruire, pedagogicamente, un progetto educativo mirato sul soggetto sostenendolo, motivandolo e facilitando l’apprendimento. Questi bambini e ragazzi, spesso, hanno carenze nella motivazione e nell’autostima personale. Un progetto pedagogico mira a ri-costruire le abilità partendo dalle risorse individuali per potenziarle e svilupparne di nuove. Gli interventi che strutturo mirano a vedere oltre il possibile disturbo facendogli riacquisire il senso delle proprie capacità.

In accordo con la famiglia mi confronto, poi, con la scuola per collaborare costruttivamente definendo il Piano Didattico Personalizzato, lo strumento che esplicita la programmazione didattica personalizzata che tiene conto delle specificità segnalate nella diagnosi. Questo documento costituisce la linea guida da seguire per facilitare l’apprendimento, in classe e non, dell’alunno. Per questo si può dire che è da considerarsi un patto stipulato fra docenti, famiglia e istituzioni socio-sanitarie attraverso il quale devono essere individuati e definiti gli interventi didattici individualizzati e personalizzati, gli strumenti compensativi e le misure dispensative che servono all’alunno per raggiungere in autonomia e serenità il successo scolastico.

Purtroppo, nella mia esperienza, si riscontra sovente la volontà di fornire il più precocemente possibile una definizione della difficoltà dimostrata dal bambino o ragazzo, trattandosi quasi di un bisogno di etichettare e categorizzare invece che di un impegno a mettere in atto interventi che forniscano un reale aiuto per i soggetti in difficoltà.

Il mio è un approccio che prevede l’utilizzo di metodi e tecniche appositamente ideate per mettere in luce le potenzialità dei soggetti, sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie abilità.

I bambini e ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono certamente portatori di una o più difficoltà, ma credo fermamente che nella maggior parte dei casi abbiano tante altre preziose risorse da cui attingere per superare tutto brillantemente.

Dott.ssa Elisa Trezzi

Pedagogista