DISABILITÀ E TERZA ETÀ

Il lavoro pedagogico mira al superamento del concetto tradizionale di persona avente malattia o disabilità mettendo in evidenza, invece, cosa sia possibile fare per migliorare la qualità della loro vita intervenendo sul contesto sociale e costruendo reti di servizi significativi.

Il pedagogista può realizzare interventi concreti capaci di rispondere ai bisogni educativi degli anziani e delle persone con disabilità per migliorare la qualità del loro funzionamento, della loro vita e supportare i corrispettivi caregiver.

Disabilità

Bambini, minori e adulti con disabilità hanno il diritto di avere la migliore qualità di vita possibile. E avere una buona qualità di vita significa esser messi nelle condizioni di raggiungere i propri obiettivi, di poter fare e poter scegliere.

In quest’ottica il mio intervento specialistico rivolto a minori e adulti con disabilità prevede:

  • la definizione di un progetto individuale che, partendo dalle specificità della persona, ne delinei obiettivi e attività;
  • interventi finalizzati all’acquisizione e potenziamento di abilità comunicative, sociali, cognitive, di autonomia e lavorative;
  • l’ estinzione di eventuali comportamenti problematici;
  • la promozione di percorsi di vita atti a risolvere le questioni legate all’inclusione delle persone con disabilità;
  • il coordinamento dell’iter formativo e riabilitativo di persone che vivono situazioni personali e socio-affettive molto difficili.

Terza età

Un percorso di vita longevo e sereno rappresenta un’ideale desiderabile ma non sempre possibile. Con l’avanzare dell’età le funzioni cognitive e le abilità motorie inevitabilmente diminuiscono o subiscono delle variazioni. Quando, poi, si aggiunge una patologia degenerativa o si verifica un evento traumatico tale situazione può precipitare anche in tempi molto brevi.

Come pedagogista, posso rappresentare un punto di riferimento professionale importante per:

  • l’individuazione dei facilitatori sociali e ambientali utili al riacquisto o all’ottenimento dell’autonomia;
  • l’attuazione di buone pratiche educative più adatte alle esigenze del singolo;
  • la realizzazione di una rete complessa e funzionale di supporto per sostenere il mantenimento delle attività-abilità residue e sviluppare alternative efficaci;
  • l’agevolazione di processi di comunicazione e socializzazione, favorendo l’assunzione di un ruolo;
  • la stimolazione di nuovi interessi e impegni per superare il tempo vuoto;
  • l’adattamento delle attività quotidiane ai nuovi ritmi personali;
  • l’attivazione di interventi finalizzati a mantenere agile l’attività cerebrale e a preservare le capacità mnemoniche per tenere viva l’attenzione e sviluppare curiosità attivando le energie psicofisiche;
  • il mantenimento, per quanto possibile, della propria autosufficienza.