Il momento dello svolgimento dei compiti a casa è un momento esperienziale e di condivisione tra genitori e figli, ma può portare a litigi e conflitti familiari. I fine settimana e le serate, da momenti rigeneranti per la famiglia, si trasformano spesso in match.
Già dalla scuola primaria, nella maggior parte dei casi, i bambini non riescono a fare i compiti da soli. Spesso perché sono troppi o troppo difficili; perché i bambini stessi non hanno voglia di svolgerli o, tra le molte loro occupazioni, non resta il tempo per giocare; oppure perché sono stanchi, annoiati e si lamentano. Molti genitori raccontano di pomeriggi interi passati con i figli sui compiti, ore e ore di contrattazioni e minacce, per poi ridursi a farli in velocità la sera, quando non rimane più tempo per rimandare e i bambini sono sfiniti e scontenti e le mamme e i papà stremati.
In realtà quasi tutti i compiti assegnati richiederebbero molto meno tempo per essere svolti se venissero affrontati con una buona organizzazione, un po’ di metodo e molta più serenità.
È meglio che i bambini abbiano un posto dedicato ai compiti e allo studio, va bene la cameretta, ma anche il tavolo della cucina o del soggiorno, purché ci sia quiete. Questo permette loro di associare uno spazio preciso all’idea dei compiti e dello studio, favorisce la loro concentrazione e la loro maggiore indipendenza, oltre a far passare il messaggio che l’impegno per la scuola è importante e merita un luogo tranquillo e attrezzato, lontano da TV, cellulari, tablet e altre fonti di distrazione.
Occorre avere un planning settimanale chiaro e ben strutturato, in modo da stabilire, giorno per giorno, quando si potrà iniziare a fare i compiti e quando finirli. È funzionale costruire una “tabella del tempo” da dedicare ai compiti, con i giorni della settimana e i relativi impegni extrascolastici.
Fondamentale è tenere conto dell’orario del pranzo, della merenda e del relax.
Se il bambino non vorrebbe mai fare i compiti e trova qualsiasi scusa per non iniziare, portando quasi sempre il genitore a litigare e minacciarlo di punizioni, può essere efficace riprendere la tabella preparata insieme e ricordare al figlio gli orari di inizio e di termine, per ogni giorno. Si può fare un patto tra genitori e figli che consiste nel fatto che il figlio inizierà senza storie i compiti all’ora stabilita e il genitore lo aiuterà per ciò che gli serve, senza eccessive richieste o prediche e gli garantirà alcune brevi pause intermedie (ad esempio ogni mezz’ora) di qualche minuto. Magari potrebbe aiutare un orologio su cui il bambino possa visualizzare il passare del tempo per regolarsi, così da renderlo man mano più autonomo anche in questo. È utile rimarcare il fatto che se il bambino si concentrerà e si impegnerà, sarà anche possibile che riesca a terminare prima del previsto, a tutto vantaggio del suo tempo libero e con una sua grande soddisfazione personale.
È molto efficace dire che si è molto orgogliosi dei propri figli, per ogni loro sforzo e impegno, questo sarà un rinforzo per cui cercheranno di comportarsi così anche nei giorni successivi e, in caso di ricadute, è buona cosa ricordare i loro successi, sempre con calma, attenzione e tanto affetto. È importante non mettere fretta o sottolineare gli errori ma, al contrario, mostrarsi incoraggianti e ottimisti sulle loro capacità, senza giudicarli se sbagliano.
È funzionale aiutare il bambino a impostare il compito e incoraggiarlo a proseguire da solo mentre ci si allontana qualche minuto per fare un’altra cosa, per poi tornare e riguardare, proseguendo in questo modo fino a diradare gli interventi al minimo. L’idea che il figlio dovrebbe acquisire è di poter avere un aiuto al bisogno e non per forza continuo e totale, altrimenti si rischia di mantenere la sua dipendenza dal supporto esterno e di non favorire la sua progressiva, importante autonomia.
Dare il giusto valore allo studio e non mettetelo all’ultimo posto tra gli impegni della famiglia è essenziale, così come non parlare male delle maestre davanti al proprio bambino. Se il bimbo è già svogliato e sente la mamma o il papà dire che i compiti sono troppi o difficili, lo sarà ancora di più: questo comportamento non favorisce il suo impegno poiché scredita l’insegnante.
A partire dai 9-10 anni, invece, si può far fare i compiti insieme ai compagni. È un buon modo per scambiarsi informazioni e idee e aiutarsi a vicenda.
La collaborazione con la scuola è sempre un’ottima scelta: se si ritiene che i compiti siano eccessivi o non adeguati alle capacità del bambino, è giusto parlarne con gli insegnanti.
Per concludere, i compiti a casa servono a fissare e assimilare ciò che è stato spiegato a scuola; insegnano a sviluppare la concentrazione, utile man mano che gli studi si intensificano, col passare degli anni; a sviluppare le strategie di studio (sottolineare, sintetizzare, schematizzare, ecc.) trasmesse a scuola; permettono l’acquisizione di un metodo di organizzazione del tempo e l’apprendimento della nozione di priorità e danno la possibilità di mettersi alla prova sviluppando l’autonomia, a patto che si cerchi di svolgerli da soli.
Al contrario, però, i compiti non vanno bene quando sono troppi. Occorre trovare il giusto equilibrio. Se oggigiorno i genitori, per lo più lavoratori, hanno poco tempo da condividere con i figli, e se gran parte di esso viene occupato dai compiti, non rimane più tempo per fare altro: per parlare, per raccontare la giornata, per vivere esperienze insieme.
Sono, inoltre, controproducenti quando sono ripetitivi fino all’eccesso nella tipologia di esercizi, senza un minimo di creatività e quando, invece di stimolare, obbligano a fare.