Mai come in questo ultimo periodo si parla tanto di bullismo, spesso però a sproposito e senza sapere esattamente in cosa consista realmente il fenomeno. Se da un lato si denota una positiva e maggiore sensibilizzazione sociale rispetto al problema, dall’altro è palese che ci sia un’ enorme confusione e conseguentemente molta preoccupazione da parte di genitori, insegnanti e non addetti ai lavori.
La cosa migliore è cercare di fare chiarezza e, per questo motivo, ho deciso di scrivere questo articolo condividendo le mie conoscenze ed esperienze professionali.
Prima di tutto, perchè si possa trattare di bullismo devono sussistere tre condizioni:
- L’ intenzionalità lesiva verso l’altro
- L’ asimmetria di potere tra i due soggetti per numero, genere, età, corporatura o status sociale o altro
- La sistematicità, poiché gli atti in questione si ripetono nel tempo
Proverò a spiegarmi meglio!
Se ad esempio un bambino un po’ grassottello viene preso in giro da un compagno solo in un’occasione sporadica non possiamo parlare di bullismo, ma se l’offesa viene ripetuta più volte da uno o da più compagni e con l’intento di farlo soffrire, allora siamo proprio nell’ambito del bullismo e in particolare in una forma di bullismo che si definisce verbale, perché utilizza il linguaggio come forma di violenza. Un’ altro esempio utile potrebbe essere quello di una ragazza che viene isolata per un qualche motivo (perché non veste alla moda o, al contrario, perché particolarmente appariscente e di bell’aspetto). Anche in questo caso se l’episodio è sporadico siamo nell’ambito del conflitto mentre se l’emarginazione è quotidiana siamo in un tipico esempio di bullismo indiretto, così chiamato perché non avviene direttamente con offese e percosse ma è subdolo, perché il bullo spinge gli altri soggetti gregari ad isolare ed emarginare la vittima.
Invece, cosa dire di due ragazzi che all’intervallo si insultano e cercano di venire alle mani? Sono due bulli? Per la stessa ragione, si definisce litigio se lo scontro è “alla pari” e circoscritto in un dato momento, ma se ad esempio il bullo è più grande di età, o è sostenuto da altri ragazzi in gruppo e l’episodio si ripete più volte allora si sta parlando di bullismo fisico. Questo tipo di bullismo può manifestarsi sia con la violenza sulla vittima ma anche con minacce di violenza nel caso la vittima non faccia ciò che il bullo gli chiede, come dargli degli oggetti o compiere per lui atti umilianti, pericolosi e devianti sfociando, così, anche nella sfera del reato.
Un quarto tipo di bullismo è quello online, detto anche cyberbullismo, che si è diffuso esponenzialmente negli ultimi anni con l’avvento dei social media. Nel cyberbullismo rientrano le molestie, le denigrazioni ripetute, il furto di identità o la diffusione di immagini rubate alla vittima per metterla in imbarazzo e ferirla. Come per il bullismo, anche per il cyberbullismo le tre condizioni distintive sono l’intenzionalità di far soffrire, l’asimmetria di potere e la persistenza nel tempo dell’aggressione. In rete, tuttavia, l’aggressione è più dannosa perchè può garantire l’anonimato del bullo, perché molti online fanno e dicono cose che nella vita reale non farebbero e direbbero e perché il bullismo può avvenire in luoghi appartati e specifici, mentre il cyberbullismo avviene ogni volta che il ragazzo si connette alla rete.
Gli atti di bullismo non sono scherzi. Parallelamente alle numerose persone che facilmente e spesso erroneamente utilizzano il termine bullismo per identificare qualsiasi situazione in cui sono messi in atto atteggiamenti non accettabili, purtroppo, c’è chi, ancora oggi, tende a sottovalutare il fenomeno sostenendo che si tratta di ragazzate e che spesso le cose si risolvano da sole.
Oltre al bullo, alla vittima e ai coetanei, che a vario titolo e grado possono essere coinvolti, è presente sulla scena un attore fondamentale: l’adulto, che rappresenta l’elemento determinante sia per individuare in maniera corretta il fenomeno che per intervenire e arginarlo.
Le prepotenze dei ragazzi sono frequentemente sottovalutate dagli adulti per vari motivi. Spesso si svolgono in luoghi nascosti dagli occhi degli insegnanti e dai genitori e nessuno, compresa la vittima stessa, denuncia l’accaduto. Alcuni adulti tendono a valutare gli episodi come semplici bravate, sulle quali è lecito non intromettersi. Tra i pensieri che ho sentito esprimere da genitori e insegnanti intorno al tema del bullismo ci sono: “Rafforza il carattere”, “C’era anche ai miei tempi, siamo sopravvissuti!”
Il bullismo distrugge l’autostima, il senso di fiducia di sé e degli altri, nelle proprie capacità. Essere presi in giro, umiliati e derisi non serve per rafforzare il proprio carattere: per essere persone migliori servono comprensione ed empatia.
Genitori, insegnanti e compagni hanno il dovere di riconoscere e denunciare situazioni come queste, per la vittima, ma anche per il bullo. È importante essere informati e riflettere su questi temi, perché a volte si rischia di peccare di superficialità. Ho sentito spesso, infatti, bambini e ragazzi realmente vittime di bullismo o cyberbullismo riferire: “Io l’ho detto alla mia insegnante e mi ha detto di far finta di niente, di ignorarli” e questo dimostra una conoscenza molto approssimativa del bullismo e anche una certa difficoltà ad affrontare il problema da parte delle figure adulte di riferimento.
In questo modo, le vittime percepiscono indifferenza nei loro confronti, aggravando il senso di solitudine, sofferenza e incomprensione, mentre i bulli possono ritenere di meritarsi approvazioni e rinforzi.
Il ruolo dei genitori, degli insegnanti e più in generale di tutti gli adulti è ovviamente molto importante. Non serve il continuo rimbalzo di colpe e responsabilità tra scuola e famiglia, tra come si agiva nella società di ieri e come si tende ad agire oggi.
Molto spesso mi trovo a riflettere, da pedagogista e da mamma, sul come sia più facile a volte attribuire la causa delle difficoltà dei propri figli o dei propri alunni a fattori di natura esterna piuttosto che mettersi in discussione e capire che, forse, è da riguardare sia il proprio essere genitori e insegnanti sia il sistema educativo che si è deciso di attuare.
La strategia migliore per combattere il bullismo è sicuramente la prevenzione, alla base della quale c’è la conoscenza del fenomeno in tutte le sue parti e sfacettature e la promozione di un clima culturale, sociale ed emotivo in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione e prepotenza. Occorre ripartire dall’educazione, dall’idea che si educa in ogni tempo e luogo e in questo senso, scuola e famiglia dovrebbero essere più complici.
Fare il genitore è sicuramente uno dei mestieri più difficili, e non esistono genitori perfetti: occorre, però, sviluppare la capacità di accettare i propri limiti e allo stesso tempo essere presenti nell’educazione dei figli, senza perdere di vista il proprio ruolo, con il massimo impegno, amore ed entusiasmo offrendo loro la possibilità di crescere e di acquisire il senso profondo della propria esistenza. Nello stesso tempo, la scuola ha un compito non solo formativo dal punto di vista dell’apprendimento e della trasmissione dei saperi, ma è un luogo privilegiato in cui promuovere la conoscenza reciproca, insegnare il rispetto, favorire l’autostima dei ragazzi, insegnare come affrontare i conflitti e soprattutto insegnare le regole della convivenza civile. Accompagnandoli e supportandoli nella crescita con un valido esempio i bambini e i ragazzi impareranno a gestire correttamente la propria emotività e potranno così usufruire di quel bagaglio interiore necessario per vivere al meglio e per relazionarsi con gli altri in modo equilibrato e sereno.
Dott.ssa Elisa Trezzi
Pedagogista